martedì 26 novembre 2013

Phinx, intervista con Alberto Paolini


Immaginate di trovarvi in una baita su in montagna, è l'alba e il silenzio e la solitudine riempono lo spazio e il tempo fino ad acquisire un senso quasi sovrumano, tutto appare fermo nell'universo, man mano lentamente avvertite dei suoni nascere, scoppiare proprio lì a due passi da voi, l'ignoto attorno ed un immenso senso di pace. E' questo il motivo che pervade l'ultimo lavoro creativo dei Phinx "Holtzar", un'opera caratterizzata da un'aura mistica: un album ideato in una baita di montagna e poi registrato in casa, garage, in giardino ed in altre svariate locations. Le composizioni sono caratterizzate da suoni campionati dalla natura: cicale, rami, rocce ed altro appaiono nelle composizioni finemente elaborate... Il titolo stesso "Holtzar" può voler dire "ascoltare gli alberi" in cimbro, un idioma di discendenza germanica parlato ormai da quella che oggi è rimasta una stretta minoranza linguistica in veneto e trentino. Inoltre, in molti brani si è scelto di ricorrere all'utilizzo di strumenti musicali indiani, tutti accuratamente riverberati e distorti durante le registrazioni. Il disco nel suo complesso unisce  suoni digitali ed analogici creando sequenze molto articolate, delle quali si può godere pienamente solo dopo un attento ascolto.
Alcune tracce dell'album sono fatte in collaborazione con artisti tra cui: Ekat Bork, Bologna violenta, Reanimation squad e Spano.



Alberto Paolini (percussionista del gruppo), mi parla dell'esperienza artistica della sua band sin dai tempi delle loro prime esibizioni in parrocchia grazie all'aiuto di un parroco di Bassano del Grappa, del primo album, delle collaborazioni, dei concerti e dell'ultimissimo "Holtzar" il disco uscito quest'anno con la IRMA records elaborato in questa baita e rielaborato da capo dopo aver perso le tracce registrate... ne viene fuori una brillante chiacchierata da bar e la seguente intervista:

Alberto, prima di iniziare vorrei chiederti di fornire qualche cenno biografico riguardo la band.

La band con questa formazione nasce nel 2007. In precedenza, i fondatori Francesco e Pietro, avevano iniziato già due anni prima. Nel 2007 usciva l' EP "Bunker". In seguito ci siamo assestati con l'attuale composizione del gruppo e così ebbe inizio il percorso che ci portò alla pubblicazione del primo album "Login" e poi di "Holtzar" uscito quest'anno. "Holtzar" è stato concepito nel 2011 in una baita di montagna sull' altopiano di asiago, è stato proprio lì che sono nate le prime sonorità sulle quali abbiamo successivamente lavorato.

Cosa è cambiato musicalmente parlando dagli inizi ad arrivare fino ad oggi?

Diciamo che col tempo è nata la voglia di destrutturare, sperimentare e quindi di non imporsi più dei paletti stilistici come nel disco precedente. Ci siamo sentiti liberi di poter andare ad istinto, ricercare nuove timbriche ed in qualche modo non avvertirne nessuna pressione.

Cosa c'è da dire riguardo quest'ultimo album?

Esiste un fatto peculiare di cui vale la pena parlare: finché eravamo in questa baita nel 2011 abbiamo scritto circa cinque pezzi quasi completi, purtroppo poi si è rotto l'hard disc e tutto ciò che c'era rimasto era solamente qualche abbozzo; nel momento in cui ci siamo successivamente messi a riscrivere e a registrare i progetti, abbiamo deciso di cambiare totalmente e di iniziare a percorrere una nuova direzione artistica, in questo senso Ministry of fog è stato uno dei pezzi che ci ha fatto visualizzare la strada da prendere, abbiamo quindi iniziato a campionare i suoni della natura e delle situazioni che ci circondavano. Inoltre, la nostra idea era di rendere le parti digitali distaccate da quelle analogiche, dove le prime sono dotate di maggiore precisione chirurgica e le seconde sono caratterizzate dal calore della mano. Uno dei pezzi che è rimasto quasi del tutto intatto dopo la nostra esperienza ad asiago è il primo del disco: Hoarn de Holtzar, il quale è stato registrato successivamente in una diversa chiave, elaborandola con dei campionamenti e suoni di synth.

Hai detto prima che alcuni titoli delle canzoni sono in Cimbro...

Alcuni titoli delle canzoni sono in Cimbro, una lingua parlata fino ad una generazione fa nei sette comuni di asiago, l'idea era quella di rendere in modo vivido l'immaginario boschivo ed il senso di appartenenza alle montagne. Vivere a Bassano non può che farti guardare alle montagne e questi termini rendono meglio la nostra realtà.

Ed invece riguardo le diverse collaborazioni nel disco?

Si tratta di persone che abbiamo conosciuto durante il nostro percorso anche a livello personale. La traccia Not for animals è stata fatta con la partecipazione di Ekat Bork uscita poco tempo fa con il suo disco "Veramellious", noi volevamo un pezzo dove cantasse lei, quindi le abbiamo affidato la traccia più "house" del disco e lei se l'è cavata alla grande! In Kubla Khan le rime sono state affidate alla crew Reanimation squad, dei ragazzi che fanno hip hop di Bassano del Grappa , una collaborazione quindi avvenuta con estrema naturalezza. C'è Bologna violenta, avevamo sentito vari suoi lavori sia quando collaborava con il teatro degli orrori che prima, lo volevamo assolutamente con i violini nella canzone Trolls  per la quale lui è riuscito a trovare degli arrangiamenti perfetti. Infine Spano trombettista di Rovigo che vive a Venezia, in Pach Un Khnottn un pezzo studiato per far perdere la concezione del tempo all'ascoltatore, lui è stato utilissimo in questo.

Progetti futuri della band?

Una cosa di cui stiamo parlando è di organizzare una tournèe in Europa a partire dalla fine di Marzo 2014, ne siamo molto fiduciosi e speriamo che si possa realizzare. Quest'anno, abbiamo ancora tre date a Dicembre, a Prato al capanno Blackout l'undici, poi saremo a Civitavecchia al Balaclava il tredici ed infine il quattordici a Sarno. Da Gennaio a Marzo continueremo a portare il disco sui palchi italiani.

Qualcosa da dire agli ascoltatori?

Beh, visto che noi siamo molto fissati con i suoni, consiglio di approfondire il punto di vista qualitativo, utilizzando dei buoni supporti per l'ascolto in modo da valorizzare la vasta gamma di effetti acustici presenti nella musica e nel nostro disco. Infine, andare ai concerti con l'idea e lo spirito di trovare una sorpresa senza essere troppo prevenuti.

Grazie Alberto, un saluto!
Grazie, alla prossima.


La band è composta da:
Francesco Fabris: vocals, analog synths, piano, bass, guitars, other instruments
Alberto Paolini: drums, percussions, backing vocals
Daniele Fabris: analog synths, sequencers
Pietro Secco: bass, analog synths, backing vocals

                                      A cura di antonio Oliviero




Nessun commento:

Posta un commento